Esplora contenuti correlati

Storia

Campoli Appennino è un paese dell’estrema Ciociaria, situato a ridosso della catena degli Appennini centro-meridionali, nel versante laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo, dominante la Valle del Lacerno. La caratteristica che rende Campoli Appennino unico nel suo genere è la sua collocazione, innalzandosi sul bordo di una caratteristica e suggestiva dolina carsica, denominata il “Tomolo”, a 650 metri di altitudine.

La sua struttura, di natura calcarea-cretacea è miocenica, attraversata da strati di conglomerato di età quaternaria e di ambiente lacustre. La dolina, per le sue dimensioni (diametro m. 630, profondità m. 130, privo d’inghiottitoio) e per il suo aspetto grandioso, può essere annoverata tra le maggiori del Lazio e l’unica che presenta i bordi abitati. Il territorio di Campoli è interessato dalla presenza di altre tre doline, anch’esse di origine carsica: la seconda per grandezza è a ridosso della chiesa di San Pancrazio, le altre due cavità sono ubicate sul versante orientale della collina: una a sud-est del suddetto santuario e l’ultima infine si trova più a valle in località Treo.

Benché non possiamo avere notizie precise circa la sua fondazione, è chiara l’origine medievale, le cui tracce sono ravvisabili nella maestosa torre, nei resti della cinta muraria, in alcune torrette di avvistamento e nei caratteristici spazi o piazze del centro storico. Lo storico atinate Tauleri fa risalire i natali di Campoli al 293 a.C. i consoli Lucio Papirio Cursore il giovane (figlio dell’eroe della seconda guerra sannitica) e Spurio Carvilio Massimo distrussero con i loro potenti eserciti Atina, Cominium ed Aquilonia.

Dalla depopolazione di dette città ebbe inizio la fondazione di Campoli e di altri comuni. Un’altra versione sull’origine di Campoli è data dal canonico don Andrea Di Pietro, il quale la fa risalire a Plestinia, città dei Marsi-Atinati, più volte citata da Livio e distrutta dai Romani nel 291 a.C. Invece in un documento pubblicato nella rivista Il Regno delle due Sicilie nell’anno 1856 (trascritto da originale esistente nell’Abbazia di Montecassino) si dice che Campoli deve la sua origine a Gandolfo, conte di Sora e di Aquino, il quale rialzò dalle rovine il paese distrutto dai Longobardi che nel VII secolo infestavano tutta la provincia di Terra e Lavoro e devastavano molti luoghi tra i quali anche Campoli e, nell’anno 843, dai Saraceni.

Nel secolo IX l’esistenza di Campoli è attestata nella Vita di S. Restituta del vescovo di Terracina Gregorio e nelle Memorie di Sora del padre Domenico Tuzzi. Nella cronaca della celebre Abbazia cistercense di Fossanova si narra che verso il 1150, a causa della rivalità fra Guglielmo di Sicilia ed il papa, presumibilmente Anastasio IV o Adriano IV, Campoli fu incendiato da Andrea Conte di Ceccano. Questi, esiliato dal re, volle vendicarsi invadendo lo stato di Comino. Alcuni paesi furono saccheggiati ed altri, tra i quali Campoli, distrutti. Nell’archivio di Montecassino risulta infatti che Campoli fu ricostruito tra il 1160 ed il 1180 dal duca Landolfo. Fino alla metà del XIII secolo si avvicendarono in Campoli i Landolfi ed i Pandolfi, nobili di origine longobarda che detenevano le contee di Aquino e di Capua.

Da menzionare il feudatario Landolfo II il quale fu il padre del celebre San Tommaso d’Aquino, quest’ultimo conosciuto con gli appellativi di dottore angelico ed Aquila dei teologi. Dal 1325 al 1340 una parte di Campoli era in possesso di Bernardo conte di Loreto e del nipote Adenolfo; morto questi la metà di Campoli fu ceduta alla regina Giovanna I d’Angiò. Questa ne fece dono, insieme agli altri feudi lasciati dal detto Adinolfo a Tommaso di Ceccano, fratello del cardinale arcivescovo di Muscolo e legato apostolico.

L’altra metà di Campoli rimase ad Berardo di Aquino, conte di Loreto. Dopo tale epoca non è stato possibile precisare i feudatari successivi. Notizie frammentarie si possono rintracciare nelle vicende del ducato di Alvito. Agli inizi del secolo XIV Cristoforo d’Aquino riunì sotto una stessa bandiera i feudi di Campoli, Alvito, S. Donato e Settefrati. Nel 1313, i beni che Carlo I aveva tolti nel 1273 a Tommaso conte d’Aquino, vennero dati, da Carlo II ad Eustasio de Faylle, e da questi a Goffredo de Jonville.

Nel 1319, il paese tornò ai d’Aquino. I Cantelmo, nel 1382, riuscirono a spodestare i d’Aquino e da allora tutto il territorio seguì le sorti della signoria dei Gallio, Duchi di Alvito, i quali tennero il paese fino al 1806, anno dell’ab olizione dei feudi da parte di Giuseppe Bonaparte. Nella fine del secolo XVIII, Campoli fu saccheggiato e devastato dalle truppe francesi. Nle 1860, in seguito alla fatidica spedizione del Mille, Campoli fu compresa nell’annessione al Piemonte, entrando a far parte del Regno d’Italia l’anno dopo.

Nel decennio compreso fra il 1860 e il 1870 il paese fu infestato dai briganti reazionari, forestieri che scelsero questo lembo di territorio, data la vicinanza con i confini dello Stato Pontificio. Diversi cittadini campolesi parteciparono alla terza Guerra d’Indipendenza (1866) militando sotto gli ordini del generale Raffaele Cadorna, che ebbe l’incarico di occupare Roma. Nell’Ottocento si aprono alcune miniere di ferro e si tenta l’allevamento dei bachi da seta. Dopo l’unificazione, Campoli è sempre più strettamente legata a Sora; inizia un processo di lentissima modernizzazione e c’è una forte emigrazione all’estero.