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RUBRICA ALLA SCOPERTA DI CAPRANICA: “VICOLO DELLA CAMPANA”

1 Novembre 2019

Vicolo della Campana. Così si chiamava fino a qualche tempo fa la stretta viuzza che proseguendo via della Viccinella, da piazza Crocì conduce alla solitaria piazzetta dal nome altisonante “la Corte degli Anguillara”. Una leggenda tanto cara a noi capranichesi, riconosce in questo angusto percorso la strada dolorosa che le novelle spose dovevano percorrere, per accontentare le insane voglie del “conte” proprio la prima notte di matrimonio. La famosa legge dello “Ius primae noctis” preteso dagli arroganti signori feudali.

Ma una bella sera, lo sposo di turno, appartenente alla famiglia dei Carrazza, riservò un brutto scherzo all’altezzoso signore del castello. Travestito da trepidante sposina, col favor delle tenebre, una volta al cospetto di quel malandrino altolocato, gli aprì la pancia con una tremenda coltellata, lasciandolo rantolante sul terreno. In tal modo veniva vendicato nel sangue l’onore di tante giovani spose oltraggiate. Ora la via è dedicata, ovviamente, ai famigerati Carrazza. Ma la campana che c’entra? Per chi sale verso la piazzetta, in alto a sinistra, si possono ancora ammirare tre misteriose piastrelle di ceramica fissate sul muro a diversa altezza: raffigurano tutte e tre una campana in celeste su fondo bianco. In una in basso, un po’ sfregiata, si può ancora leggere “SONA BENE”. Se quella dei Carrazza sembra nascere dalla fantasia popolare, le tre campane immortalate sul muro sono come un appunto, (un messaggio a futura memoria) lasciato dai nostri padri sei secoli fa in seguito ad un avvenimento straordinario. È assai probabile infatti, che queste ceramiche siano state poste in opera lo stesso giorno in cui un campanone di tre mila libre, fu issato sul campanile della chiesa di San Giovanni. Era il VII luglio del 1466, a un anno esatto dalla cacciata degli Anguillara da Capranica, come voto per l’avvenuta liberazione della patria dall’oppressione degli odiati signori. “Lor-di-notte”, (così è chiamata famigliarmente la grande campana) alla sera invita ancora i fedeli a pregare per i cari defunti. Quelli di una certa età, conservano nel cuore con nostalgia l’eco di quei lenti rintocchi dal suono cupo e dolente, eppure tanto dolci e carichi di ricordi.

Quel richiamo scendeva solenne dall’alto campanile in genere quando tutta la famiglia sedeva intorno alla tavola per la cena, e allora succedeva che si pregava tutti (in latino!) continuando a masticare, con un effetto sonoro assai curioso (‘u patermostro ‘mpasticato).