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RUBRICA ALLA SCOPERTA DI CAPRANICA: OGGI CONOSCIAMO “IL BORGHETTO”

17 Gennaio 2020

Il Borghetto. Sembra un piccolo mondo a sé, con le sue casette costruite sulla rupe che guarda la valle della Cassia, a corona della graziosa piazzetta, con la sua fontanella, le scale esterne che danno accesso alle abitazioni ornate da finestrelle sempre rallegrate da fiori e verde.

Questo angolo silenzioso è dominato verso il paese dalle austere e alte mura (fanno pensare a una fortezza) dei palazzi che si affacciano a piazza VII luglio. Dalla via principale scendono dritti i vicoletti dai nomi singolari evocanti tempi lontani: vicolo di Piazza Padella, vicolo della Speranza, vicolo del Granato, vicolo della Spezieria,… Quest’ultimo delimitava fino a non molto tempo fa il confine delle due parrocchie di Capranica, quella di Santa Maria e quella di San Giovanni, per cui “spezzieria”(con due zeta!) veniva pacificamente intesa come il limite che “spezzava” l’abitato, con tutte le conseguenze di giurisdizione ecclesiastica e di bande di monelli. Ma la peculiarità dell’ambiente è data dalla calma che ispira, almeno ai nostri giorni, perché anche in un recente passato, qui regnava tutt’altra aria.

Tutt’intorno si possono osservare tante vecchie porte malandate serrate da ragnatele e rugginosi catenacci che quasi con rabbia sembra vogliano impedire l’accesso a misteri oscuri custoditi nei meandri addormentati sotto le case. Sì, le cantine! E da questo versante della collina, le cantine erano ritenute le migliori, perché esposte a tramontana. Nel tempo della vendemmia e ancor prima, ferveva nella piazzetta una vita insospettata. Uomini dagli abiti bisunti, si aggiravano vocianti e indaffarati a sciacquare e rotolare botti, caratelli, a battere i cerchi, sistemare bigonzi , in attesa della imminente vendemmia (a divignà). E quando le uve finalmente brillavano al sole mature, una frenesia quasi di formicaio, si impossessava di queste vecchie mura. I vicoli li vedevi percorsi fin dal mattino da personaggi insoliti, con la testa e le spalle coperte da una sudicia balla di iuta, mentre scendevano i ripidi gradini reggendo col capo appena piegato pesanti bigonzi stracolmi di uva portata sui carretti dalle lontane vigne. Ad ogni passo una sboccata di mosto irrorava il poveraccio di sotto, che lottava (diceva e diosillle!) per non scivolare e cadere sugli sconnessi selci, resi ancor più insidiosi dal dolce e appiccicoso liquido che li ungeva pericolosamente. Ma un profumo delizioso e inebriante permeava l’aria e ti scendeva fin dentro i polmoni, suscitando una sensazione di ebrezza pure allo spirito degli oppressi portatori.

Ma il Borghetto, oltre che per la presenza di prestigiose e allegre cantine, sembra che nel passato fosse animato da altre frequentazioni, meno dignitose, ma non meno allegre di quella dei vignaioli e cantinieri, tuttavia abbastanza ambite sotto tutti i cieli di questo mondo. Su alcune pareti restano incisi infatti, inequivocabili simboli fallici, quale ancestrale segnaletica, utile forse, per gli avventori più sprovveduti. Oggi appare come un grazioso angolo di pace e familiarità, tanto che nelle feste del VII Luglio, in cui si vuole celebrare il “Natale di Capranica”, l’ormai “storico” Gruppo l’Incontro organizza da molti anni un caloroso e simpatico concerto in cui tutti i presenti sono invitati a cantare e ricordare la gioia di vivere insieme.

 

Si ringrazia Antonio Sarnacchioli per lo scritto e Mauro Innamorati per le foto.