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RUBRICA ALLA SCOPERTA DI CAPRANICA: PORTA SANT’ANTONIO

5 Giugno 2020

Porta Sant’Antonio

Una volta il paese finiva qui. Ancora nell’ottocento al calar del sole si chiudevano i pesanti portoni (così mi raccontava mio nonno che glielo aveva raccontato suo padre) e i carretti ritardatari dovevano restare fuori, mentre le persone avevano molte altre possibilità di rientrare a casa attraverso le numerose porte secondarie e i vicoletti che lambivano le ripe.

Ma fino agli anni cinquanta, dopo la guerra, la porta era il limite quasi invalicabile per le passeggiate della domenica delle chiassose comitive di ragazzette che tenendosi strette a braccetto a schiere festanti facevano su e giù pe tutt’u paese fino a sera, nella speranza gioiosa di essere osservate dai giuvenotti, tutti accotati per il giorno di festa. Ma alla fine si doveva correre leste a casa, se si volevano evitare le tremende sgridate delle solerti e integerrime genitrici. Fuori di porta però da sempre, come in tutte le città di tutti i tempi, ci si incontrava per chiacchierare del più e del meno, conoscere le ultime novità (‘e nove) della vita paesana, per spettegolare su tutte le persone che entravano o uscivano, ma soprattutto per discutere di affari, di politica, per cercare e offrire lavoro a giornata (l’opre).

L’aspetto attuale è un complesso monumentale che ha subito nei secoli vari mutamenti e sovrapposizioni. Fu ultimato infatti come seconda cinta di mura nel 1641, come ricorda una lapide posta sopra il grande portone ornato da uno splendido bugnato, a conclusione del borgo realizzato fuori del castello dopo la cacciata degli Anguilla nel 1465. All’origine ai lati si aprivano altri due accessi, di cui quello di destra, è stato riattivato recentemente come passaggio pedonale; dell’altro si vedono bene le linee, ma l’androne a memoria d’uomo è stato utilizzato come locale commerciale. Tre bei stemmi di pietra ornavano il passaggio centrale e i due laterali. Oggi ne rimane uno solo a sinistra seminascosto dietro la chioma del rigoglioso leccio (l’irce), che ricorda il cardinale Cinzio Passeri Aldobrandini, Governatore di Capranica tra il 1594 e il 1608. Degli altri due restano i ganci di ferro affissi sulle mura. Quello centrale è probabile che sia appartenuto al cardinale Antonio Barberini, fratello di papa Urbano VIII, governatore dal 1633 al 1645, che concluse i lavori del borgo Sant’Antonio. Il nome deriva verosimilmente da una porta precedente più arretrata, situata forse all’altezza del campanile di San Francesco, di cui si trova un accenno in un documento relativo alla chiesa. La facciata è stata stravolta pure dalla costruzione di un fabbricato alla sinistra del corpo centrale, piazza Garibaldi, quello che termina con una terrazza. Il disegno primitivo di tutto il complesso prevedeva la costruzione centrale con tre solenni  porte, mentre i corpi laterali erano ambedue arretrati, sulla linea dell’ala destra, quella del palazzo del governo (‘u Curritò), ornata da due ordini di eleganti finestre terminanti con il colonnato che cingeva uno splendido giardino pensile.

Notizie non confermate da documenti, riferiscono che tra le colonne, recentemente riportate a vista, fossero collocate statue di marmo raffiguranti matrone romane provenienti dai numerosi ritrovamenti della Città Eterna. Dall’altra parte, seminascosto dalla costruzione che guarda sulla piazza, si può ancora ammirare un lembo della vecchia facciata, anch’esso ornato da due ordini di finestre ornate da stipiti e architravi in pietra arenaria. Si trattava di un ingresso grandioso alla piccola città di Capranica e doveva destare sicuramente grande ammirazione, soprattutto dopo l’apertura dell’ampio rettilineo che congiungeva in una affascinante prospettiva, la monumentale porta con l’artistica facciata vignolesca della Madonna del Piano. 

  

Lapide – (Urbano VIII Pont. Max. Capranica Viae Cassiae sibi restitutae Publico aucta cursu Benefactori A. Sal.MDCXLI – Al benefattore Urbano VIII Pontefice Massimo, Capranica accresciuta grazie al servizio postale della Via Cassia ad essa restituita – La Via Cassia saliva dalla via Romana e passava dentro il paese).

 

Si ringrazia Antonio Sarnacchioli.