Il dialetto
Il dialetto piansanese
La tuscia incuneata tra toscana e umbria rivela, anche nel dialetto, il labile confine tra le regioni, spesso posto solo sulle carte geopgrafiche. E’ così che ogni paese presenta delle particolarità nel parlato, anche a distanza di pochi chilometri; ma il dialetto piansanese si distingue da quelli dei paesi limitrofi per la incombente presenza di accenti e vocaboli prettamente toscani.
E’ da notare come l’uso della “é” chiusa nelle parole come muréllo o agnéllo, sia tipica del senese. Allo stesso modo la “ó” chiusa in sónno non si riscontra nei dialetti dei paesi confinanti ma solo nella provincia senese. La stessa vocale diventa aperta nella parola òpre esortativo del verbo aprire.
Peculiare risulta l’uso di alcuni vocaboli come ad esempio badare usato nel senso di guardare, il participio creso inteso come creduto, l’infinito pelare con il significato di scottare, pocciare come succhiare, sbiciangola o biciangola come altalena, verro come maschio del maiale, ‘nguastito usato nel senso di arrabbiato, guasto come malato, cretto ad intendere solco o crepa, cavare il vino per indicare la spillatura dalla botte, fo’ e vo’ come faccio e vado, diacciointeso come freddo, lordo a significare sporco, citto come bambino, sguillareper scivolare, canapo per grossa fune e sieda per sedia.
Secondo alcuni, la spiegazione della presenza così forte del dialetto toscano, va ricondotta all’immigrazione degli aretini avvenuta alla metà del ‘500, che di fatto ripopolò un territorio abbandonato. La provenienza di queste famiglie, sembra però stridere con il dialetto piansanese, più simile a quello senese che a quello aretino, che invece presenta accostamenti all’umbro. Non da ultimo crea, qualche lecito dubbio in proposito, anche la devozione del paese a San Bernardino, santo appunto di Siena.