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I Romani

Grazie alle evidenze archeologiche, certa quanto la presenza etrusca appare la colonizzazione Romana. Dopo la presa di Vulci alla fine del III sec. a. C., i Romani suddivisero la terra dei Tusci in fundi agrari, da distribuire tra i veterani e gli aristocratici. Diedero vita a nuovi insediamenti, in altri casi potenziarono quelli esistenti, disseminando le campagne di ville rustiche(dimore dei proprietari terrieri), ampliando notevolmente il sistema viario per agevolare comunicazione e traffici commerciali. A questo scopo, nei territori che lambiscono Piansano, i Romani costruirono un’importante asse stradale, la via Clodia, che congiungeva Roma all’Etruria nord – occidentale, passando per Tuscania, per la misteriosa Maternum, fino ad arrivare probabilmente a Saturnia.

Le testimonianze di epoca romana presenti nell’area di Piansano appartengono probabilmente ad abitazioni, di cui rimangono solo lacerti di mura a livello delle fondamenta, a causa del sistema di arature profonde, che ha interessato tutta la campagna piansanese fin dalla metà del secolo scorso. In località Poggio di Metino, sono evidenti tracce di basolato, pertinenti ad un asse viario non identificato; a ciò si aggiungono terrecotte votive e frammenti ceramici di ogni tipo, porzioni di coppi e laterizi, e soprattutto esemplari di monete romane, anche in oro e argento, oltre che bronzo, elementi datanti che attestano la frequentazione romana fin dal IV secolo a.C.

L’alto medioevo: Plauziano

La stabilità politica ed economica assicurata dalla dominazione romana andò ad affievolirsi nel corso del IV e V sec. d. C., a causa delle continue scorrerie di orde di popolazioni barbariche che assediarono e saccheggiarono territori un tempo floridi; lo sconvolgimento che ne derivò portò all’inesorabile crollo dell’Impero Romano e lasciò il suolo italico in balia di guerre, nuove egemonie e oppressioni.

Il territorio piansanese, come del resto tutta la Tuscia, non sfuggì a questa sorte. Sul Poggio di Metino, in cui le emergenze archeologiche attestano continuità di frequentazione dal IV secolo a.C. in poi, vi sono indizi che fanno ipotizzare un violento assedio al quale seguì una repentina evacuazione del sito. L’abbandono forzato e non pianificato del Poggio di Metino è testimoniato dalla presenza di abbondanti reperti archeologici lagati all’ultima fase di vita del villaggio; tra questi sono presenti molte monete, la cui datazione si interrompe bruscamente alla metà del IV sec. d. C., quando tutto intorno imperversava la guerra tra Goti e Bizantini. A ciò si aggiungano tracce evidenti di incendio, identificabili nella presenza di metalli fusi, mattoni bruciati, frammenti di ceramica annerita dal fuoco, sparsi su tutto il pianoro. Al conflitto greco – gotico, seguì la discesa dei Longobardi, e la situazione, per gli insediamenti già duramente provati dai saccheggi, dalle carestie e dalle pestilenze, precipitò definitivamente. Abbandonato il pianoro di Metino, dopo secoli di oblio, riaffiorano nella storia labili tracce riferibili ad un villaggio rurale, poco distante l’antica collina, che i documenti dell’epoca ricordano come Platjanula o Plautjanu. In un atto dell’anno 845 si legge di un diacono Il diprando, del monastero di San Salvatore sul monte Amiata, che donò a un tale Liuto, terre e case in fundo et vicu Plautjanu.