La storia
Rocca d’Evandro è un classico paese medioevale il cui borgo, che necessita di interventi di ripristino efficaci e tempestivi che ne consentano il recupero e la valorizzazione, per non correre il rischio di poterlo rivivere soltanto attraverso la sensibilità di un artista o nel racconto delle persone anziane rimaste a popolarlo, è situato su una dorsale rocciosa a 216 metri s.l.m. ed è sua volta sovrastato da una rupe su cui domina il castello, l’emergenza architettonica più rilevante, oggi in fase avanzata di restauro.
Il sito è raggiungibile dall’autostrada A1 Milano-Napoli, dall’uscita del casello di San Vittore del Lazio proseguendo lungo la provinciale 328 (ex statale n. 430), mentre la stazione F.S. più vicina, quella di Rocca d’Evandro-S.Vittore, sulla linea Cassino-Napoli, dista soli 5 km.
L’origine del nome può ben identificarsi con il vicino e più antico insediamento, forse di età romana, poi abbandonato, Vandra, situato più a valle, lungo il fiume Garigliano, sulla sponda sinistra del quale, sono stati anche scavati resti di un porto romano e di una fabbrica di anfore vinarie. La sua prima citazione storica è del 744, ma è possibile che un primo insediamento sia sorto a Vandra in seguito all’esodo delle popolazioni di “Casinum” ed “Aquinum” nel 582 che sfuggivano alle razzie dei loro insediamenti da parte del duca di Benevento, Zotone.
Le fonti medioevali documentano l’appartenenza della rocca ai conti di Teano. Nel 1022 Enrico II confiscò queste terre al principe di Capua Pandolfo IV e le affidò all’Abbazia di Montecassino Le ostilità contro i cassinesi furono riprese da Pandolfo IV, per vendicarsi della prigionia patita in Germania. Egli cedette ai Normanni una parte delle terre sottratte al monastero, affidando la Rocca ad un tal Todino (vassallo di Montecassino), che venne spalleggiato dai nuovi conquistatori dell’Italia meridionale, tanto che a ristabilire l’autorità cassinese giunse in Italia l’Imperatore Corrado II, che sgomberò la Rocca. Dopo pochi anni i conti di Teano ne tentarono il recupero, ma senza riuscirvi. Nel 1080 il principe di Capua Giordano I, nel confermare la terra di S. Benedetto nei confini segnati da Gisulfo II, vi aggiungeva il castello di Rocca di Vandra. Dopo la morte di Giordano I, i monaci ebbero usurpata una parte dei loro beni. Così nel 1091 Pandolfo, conte di Teano, abitante nel castello di Presenzano, cedette al monastero la sua parte della Rocca. Nei tempi successivi, in particolare durante il periodo svevo, con la pace di S. Germano, nella zona vi fu un periodo di tranquillità. Feudo di Ettore Fieramosca nel 1504, passò nel 1528 a Federico Monforte, che si ribellò all’Imperatore Carlo V. Ceduto a Vittoria Colonna nel 1534, il feudo pervenne ai Carafa, ai Muscettola ed ai Cedronio; infine appartenne ai Caracciolo, duchi di Marzano. L’abitato, che ha subito trasformazioni a causa delle ricostruzioni del periodo post-bellico, conserva, in posizione dominante, il castello medioevale, edificato forse dai conti aquinesi del ramo dei Terame, discendenti di Landone I, che Federico II inserì tra le fortezze del regno da riparare in quel tempo. Altro elemento significativo è la piazza centrale, che racchiude in se tutte le peculiarità dei centri medioevali, le caratteristiche pavimentazioni in pietra, la fontana in posizione semicentrale, l’irregolarità delle facciate che fanno da sfondo a piacevoli conversazioni. Su piazza Fanelli prospetta inoltre l’imponente corpo della chiesa di S. Maria Maggiore, cui si accede da una scala a doppia rampa. La facciata, di spoglia semplicità, ha un portale trilitico che sorregge un timpano acuto, nel quale vi è l’immagine della Madonna in trono col Bambino. Sulla sinistra vi è il campanile, di origine medioevale, ma senza speciali caratteristiche e rialzato di 5 metri nel dopoguerra, perchè potesse distinguersi meglio dal rimanente della costruzione, più sviluppata in altezza dopo un rifacimento settecentesco. Si conosce la data di due campane: una del 1693 e l’altra del 1721.
L’interno, a navata unica, con stucchi barocchi ha altare maggiore e coro del ‘700. La storia di Rocca d’Evandro può dirsi comunque legata al suo castello che, attraverso varie vicissitudini, era ancora in possesso del monastero di Montecassino nel 1066, anno in cui, per ordine di Desiderio abate, fu fatta fondere in Costantinopoli una porta con un pannello raffigurante il territorio in questione. Il castello passa ancora attraverso due terremoti devastanti (nel 1117 e nel 1349), ricostruzioni, diversi proprietari (tra i quali anche il fisco), fino al XV secolo quando fu abolito il feudalesimo. Agli inizi del XVI secolo viene dato in concessione dal re Ferdinando ad Ettore Fieramosca, eroe di Barletta e in quegli anni duca di Mignano. Data la posizione particolarmente inaccessibile era un castello ambito da molti e fu più volte utilizzato come rifugio in situazioni di pericolo incombente. I monaci di Montecassino vi si rifugiarono con tutti i loro tesori per sfuggire all’invasione del Regno di Napoli ad opera di Carlo V, ma fu espugnato dalla possente artiglieria del marchese di Pescara. Fu in seguito donato a Vittoria Colonna, vedova del marchese di Pescara, quindi a seguito di vendite successive passò in possesso della famiglia Sammarco, e ancora del fisco dopo l’estinzione di questo casato. Fu quindi acquistato da Giandomenico Pelosi per conto della figlia Antonia in Cedronio. E’ questa l’ultima grande famiglia ad ampliare e fortificare il castello, dopodichè altri passaggi di mano, speculazioni, nonchè la mancata manutenzione ed infine gli eventi bellici lo ridussero a ruderi abbandonati. Dal 1980 proprietario è il comune, che ne ha curato l’acquisto proprio al fine di salvaguardarne il patrimonio storico e recuperarlo come patrimonio culturale della collettività; dal 1983 sono stati avviati lavori di restauro sotto la sorveglianza della Sovrintendenza per i Beni Ambientali, Artistici, Architettonici e Storici di Caserta e Benevento. La sua posizione strategica, che lo rendeva prezioso per gesta militari, oggi ben si presta infatti ad un uso turistico e culturale, a favore di un sviluppo economico della popolazione stanziale. D’altra parte, nell’hinterland di Rocca d’Evandro si collocano i centri più vicini come Cervaro, Minturno, Mignano Monte Lungo e S. Vittore del Lazio, ma a pochi chilometri anche la città di Cassino che assicurerebbe, con la sua Università, dotata ormai di diverse facoltà, un forte tessuto culturale per la organizzazione di manifestazioni quali convegni, concerti, mostre, ecc., mentre la vicinanza di richiami turistici quali Caserta, con la sua Reggia, e ancora Formia e Gaeta, ben favorisce, in una degna cornice, la commercializzazione di prodotti locali. Oltre al borgo, in cui si può ben identificare un percorso principale (piazza Fanelli- via Maggiore – via Cittadella – Castello), Rocca d’Evandro è composta da altre sei frazioni: Camino, con i villaggi di Colle, Formella e Vallevona, Bivio Mortola, Casamarina, con le contrade di Marsella, Campo dei Fiori, Vandra e Selvotta, Campolongo, Cocuruzzo e Mortola.