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Storia

Cenni storici

Il nome onora sin dalle origini il Santo patrono del paese, mentre la specifica fu assunta nel 1863 e si riferisce alla vicinanza del paese al fiume Liri.

Luogo ideale per il soggiorno durante tutto l’anno grazie al suo clima temperato e alla favorevole posizione sul territorio, San Giorgio a Liri è immerso al centro della Valle dei Santi, tra l’omonimo fiume Liri e le verdi pendici dei monti Aurunci.

Situato a confine tra la regione Campania e la Ciociaria, è un importante distretto industriale e artigianale ubicato in favorevole posizione sulla direttrice viaria ricca di attività commerciali che collega Cassino e Formia. Giungendo nel centro di San Giorgio si rimarrà suggestionati dai vicoli del centro storico che con il Castello del Principe Morra e la Chiesa Madre fanno da cornice al laghetto, luogo di rara bellezza nel cuore del paese. Racchiuse in una verdeggiante oasi naturale circondata da una moderna pista ciclabile, le sue sorgenti sgorgano incontaminate fornendo lo sfondo ideale per le leggendarie gesta del martire Giorgio, santificato dopo la sua lotta contro il drago.

Le acque attraversano il centro del paese e delineano un percorso naturalistico che si immette nel Parco naturale della Forma, con i suoi antichi mulini e il moderno palco immerso tra le acque del ruscello, andando a confluire poco più avanti nel fiume Liri.

Un territorio fertile e ricco di acqua, per questo scelto fin dall’antichità per lo stanziamento di insediamenti; lo attestano rinvenimenti archeologici effettuati in diverse località del paese e databili dall’età del Bronzo al periodo imperiale romano, anche se le sue origini sono storicamente documentate dall’817-828, quando divenne una delle celle della Terra di San Benedetto. Nei primi decenni del IX secolo venne fondata la chiesa dedicata a San Giorgio, distrutta dai musulmani nell’anno 846. Nel X secolo San Giorgio venne ricostruita e con essa sorse l’abitato, in seguito fortificato.

San Giorgio restò per tutto il Medioevo nell’orbita di Montecassino, godendo di una progressiva prosperità: malgrado i ripetuti conflitti locali, i documenti dell’Abbazia di Montecassino attestano fino al XV secolo un’ottima situazione economica, grazie alla fertilità del luogo che ha il vantaggio di poter essere irrigato con facilità e grazie al transito di merci e persone da e verso il mare e da una sponda all’altra del Liri effettuato con una scafa, termine che localmente indica i traghetti guidati da corde. La progressiva perdita di potere di Montecassino trascinò con sé anche San Giorgio. La guerra tra Francesi e Spagnoli e il brigantaggio spopolarono molti borghi; la ripresa avvenne solo dopo il passaggio delle peste nel XVII secolo ed è testimoniata dall’edificazione della chiesa di San Rocco. L’attuale chiesa Madre invece è stata costruita agli inizia del XIX secolo.

San Giorgio fu unito amministrativamente a Castelnuovo Parano nel 1806, ma dopo pochi decenni tornò all’autonomia e vi fu la realizzazione di molte opere pubbliche grazie all’opera della famiglia Spatuzzi: bonifica di terreni paludosi, realizzazione di un ponte sul Liri e di una rete stradale verso Cassino e i paesi limitrofi.

Con l’Unità d’Italia San Giorgio, che aveva fatto parte del Regno delle Due Sicilie, continua a essere incluso nella provincia di Terra di Lavoro, il cui capoluogo è Caserta. Nel 1927 viene accorpato alla neoistituita provincia di Frosinone.

La seconda guerra mondiale portò morte e soprusi a San Giorgio, che si trovava sulla Linea Gustav: subì l’occupazione tedesca, bombardamenti, razzie e le violenze gratuite delle truppe franco-maghrebine del gen. Juin. Premiata con Medaglia d’argento al merito civile, San Giorgio a Liri è una delle tappe toccate dal “Gran Percorso della memoria” che si dispiega lungo la Linea Gustav.

Subito dopo l’Unità d’Italia, anche a San Giorgio, come in tutto il Mezzogiorno d’Italia, iniziò in misura consistente il fenomeno dell’emigrazione, che terminerà solo negli anni ’70 del Novecento, grazie allo sviluppo industriale del Cassinate, che solleva tutta la zona da una plurisecolare condizione di arretratezza economica e sociale, seppure meno grave di quella di altre aree del Mezzogiorno.