Il Centro Storico e le frazioni
Centro storico:
Collegiata San Michele Arcangelo, Chiesa di San Rocco, Palazzo Orsini Sullo sfondo di una lussureggiante vegetazione, costituita da alti e verdi monti, il centro storico di Solofra costituisce una perla dell’Irpinia. Il primo e importante monumento che osserviamo nella piazza storica, simbolo dell’età dell’oro, è la Collegiata di San Michele Arcangelo.
Edificata nel 1522 per volontà dell’Universitas, sede di un culto d’origine longobarda, conserva capolavori di grande prestigio artistico. I portali, finemente intagliati, sono opera di maestranze napoletane che narrano le vicende di San Michele Arcangelo. L’interno, a tre navate, mostra un apparato decorativo del tutto simile al Palazzo Vecchio di Firenze, con 42 tele incastonate nel cassettonato ligneo di Giovan Tommaso e Francesco Guarino. Le tele raccontano storie dell’Antico e Nuovo Testamento e vanno dallo stile manierista di Giovan Tommaso a quello naturalista del figlio Francesco. Di Francesco sono anche la famosa Sine Macula, la Madonna delle Grazie, la Madonna di Portosalvo e il Transito di San Giuseppe. Su un altare della navata destra si può ammirare anche una delle prime tele di Angelo Solimena: la Pentecoste. L’altare maggiore, in marmo, accoglie l’Incoronazione della Vergine di Giovan Bernardo Lama. Sul lato destro della navata centrale è sistemato il pulpito e la cantoria con l’organo. Interamente rivestiti d’oro, (come il cassettonato e la pala sull’altare maggiore), questi manufatti lignei raccontano scene della vita del re Davide (cantoria) e brani tratti dalla Bibbia che richiamano la salvazione dell’anima (pulpito). Il centro storico solofrano ha valenza artistica e devozionale. Accanto alla Collegiata, un’altra piccola chiesa venne fatta costruire nel XV sec., San Rocco. Divenuto protettore dei conciatori per una vicenda che accomuna il Santo pellegrino e i pericoli che correvano i lavoratori a contatto con le pelli di animale, la chiesa, non a caso, fu fatta costruire all’imbocco del rione delle concerie: il Toppolo. Accanto ai monumenti di carattere religioso, piazza San Michele offre l’occasione d’immergersi in una storia intima e ricca di leggende i cui protagonisti sono i feudatari di Solofra a partire dal 1555: gli Orsini. Tra le numerose stanze del palazzo ducale Orsini infatti, tra affreschi, stalle e uno splendido giardino, è garantito un tuffo nel passato, proiettandosi in un’epoca piena d’intrighi, dove spesso protagonista è la intransigente feudataria Beatrice Ferrella Orsini. Chiesa e monastero di Santa Maria delle Grazie (Santa Chiara) Questa chiesa fu costruita in seguito all’evoluzione urbanistica che Solofra ebbe nel corso del “secolo d’oro” (XVI). Voluta dalla feudataria Beatrice Ferrella Orsini, venne costruita a ridosso della Collegiata poiché gli Orsini, arrivati a Solofra nel momento della costruzione di questa chiesa e non potendone avere il controllo perché costruita per volere dell’Universitas, decisero di impiantare un proprio culto “avversario” a quello di San Michele a cui era devoto il popolo. L’interno a navata unica è impreziosito dal soffitto cassettonato con tele di Giovan Tommaso Guarino. Il monastero, come tutti i monasteri solofrani, ebbe un ruolo fondamentale nel sostegno dell’economia locale. Infatti qui trovavano accoglienza le giovani delle famiglie nobili. Entrare in convento, anche senza prendere i voti, era normale a quei tempi, ma soprattutto era una questione economica. Ogni giovane portava la dote la quale veniva usata dal monastero per scopi commerciali. In tal modo le famiglie, che nella maggior parte dei casi possedevano cappelle o altari all’interno della chiesa, non perdevano la dote che restava nel loro patrimonio e che in più veniva utilizzata per i loro bisogni. C’era quindi un preciso interesse a costruire monasteri e chiese, ecco perché Solofra ne ebbe tanti, che svolgevano un po’ la funzione delle banche di oggi. Fontana dei Leoni Dinanzi alla Collegiata, lungo il lato ovest del palazzo Orsini, si erge armoniosa la fontana dei Leoni che con le sue forme aggiunge caratteri scenografici al contesto urbano. Originariamente la fontana sorgeva nel casale Capopiazza, all’incrocio di piazza Umberto I, via Felice de Stefano, via Lavinaio e via Landolfi. Nel 1956 fu dislocata nel sito attuale dove tuttora è possibile ammirarla, luogo che divenne piazza in seguito all’abbattimento di una parte dei tigli di viale Principe Amedeo.
Calvario (detto anche Calvanico) Sulla direttrice dell’ingresso del palazzo ducale Orsini, nello spazio della piazza antistante, troviamo uno pseudobelisco. Esso è formato da un piedistallo in travertino, sul quale si erge una colonna romana di spoglio, conosciuta dai solofrani come “Calvanico”. Storicamente la sua presenza non si attribuisce alla soluzione di un preciso disegno nell’arredo urbano, ma è da leggere in esso un’idea della politica orsiniana, molto severa. Difatti questa colonna serviva da monito ai trasgressori delle tasse che qui venivano legati e puniti. Palazzo Zurlo Sul lato orientale di piazza San Michele, troviamo il palazzo Zurlo, ai lati del quale si aprono le due vie che sono state cruciali nel corso dei secoli per lo sviluppo dei traffici commerciali: via Gregorio Ronca (anticamente via Nuova) e via della Fortuna (ora chiusa in seguito al riattamento delle piazze San Rocco e San Michele, anticamente chiamata via Vecchia). Gli Zurlo furono i feudatari che vissero nel momento in cui iniziava l’ascesa economica di Solofra (XV sec.). La costruzione è massiccia e di modeste dimensioni, l’unico elemento di spicco è il portale costituito da blocchi di pietra. Seguendo il corso principale della città, si giunge alla chiesa di San Domenico (XVII sec.), custode di due tele d’immensa importanza storico-artistica. Nel transetto di questa chiesa si fronteggiano, sul lato sinistro, il quadro raffigurante La Madonna del Rosario commissionata a F. Guarino da Dorotea Orsini, la quale viene ritratta ai piedi della Vergine essendo la committente dei lavori dello stesso monastero, mentre sul lato destro vi è la tela che raffigura La Visione di San Gregorio Taumaturgo, primo ed importante esempio di collaborazione tra Angelo Solimena e il figlio Francesco.
Le frazioni:
Sant’Agata e Sant’Andrea Chiesa di Sant’Agata Al centro della piazza principale della frazione solofrana di Sant’Agata Irpina la chiesa omonima custodisce capolavori d’arte di estrema importanza. L’interno, piccolo e accogliente, ad unica navata, colpisce per la ricchezza del soffitto che riprende il disegno della Collegiata di San Michele Arcangelo: 15 tele di Francesco Guarino e bottega, commissionate dal principe Caracciolo di Avellino feudatario di S. Agata, realizzate tra il 1637 ed il 1640, con stile vicinissimo al Caravaggio. Il culto di Sant’Agata si impianta in loco già in epoca romana e le tele riportano l’interessante storia della santa catanese tra martiri e miracoli. Il 5 febbraio nella festa dedicata alla Santa Patrona vengono distribuite pagnotte di pane a forma di seno in ricordo del suo ultimo martirio. Sant’Andrea Apostolo L’edificio, data la sua posizione sopraelevata, domina la piazza e il nucleo abitativo che si sviluppa intorno.
L’interno, a navata unica, ha addossati alle pareti quattro altari (due per lato) in marmo: a destra quelli della “Pentecoste” e della “ Madonna del Rosario”, a sinistra gli altari della “ Madonna dell’Arco” e della “ Madonna dell’Incoronata”, tutti con rispettive tele ad olio. La volta è decorata a stucchi e arricchita da 3 tele firmate con il monogramma AS cioè Angelo Solimena e datati 1654. Esse raffigurano “ La vocazione di Pietro e Andrea”, “La moltiplicazione dei pani”, “L’apparizione di Gesù agli apostoli dopo la resurrezione”. Sull’altare maggiore è posto “ Il martirio di S. Andrea” datato 1642, una delle opere giovanili del pittore F. Guarino. Nella navata sono collocate altre tele del Guarino: “Il sacrificio di Isacco” (il particolare di questo quadro è che il disegno è di F. Guarino e l’esecuzione è di Solimena), “Giuseppe venduto dai fratelli” (in cui Francesco Guarino lasciò il suo autoritratto posto, come vogliono i canoni di un tale intervento, in un angolo, che guarda verso lo spettatore, completamente estraneo all’insieme dell’opera) e la “Madonna incoronata con i Santi Gennaro e Giuseppe” (Madonna di Costantinopoli) datata 15 agosto 1635.
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