AL FOSCOLO LA “MEMORIA E’ FUTURO” CON IL FILM “TERRA BRUCIATA”
7 Febbraio 2020
Si terrà domani, 7 febbraio, nel Teatro dell’Istituto Padre Giovanni Semeria a Sparanise un interessante incontro sulla Resistenza, organizzato dall’Istituto “Ugo Foscolo” di Sparanise e Teano in collaborazione con il sindacato SPI CGIL e l’Associazione Nazionale Partigiani e l’Istituto Italiano per la Storia della Resistenza. Un altro incontro che si aggiunge ai prossimi che si terranno a Roma e in Abruzzo nell’ambito del Progetto “memoria è futuro” dove il Foscolo di Sparanise è l’unica scuola campana a partecipare al Progetto, grazie al forte legame che la cittadina calena ha con la storia della Resistenza in Terra di Lavoro. E non solo per le 39 vittime degli eccidi nazisti del 22 ottobre 1943, anche per il grande campo di concentramento la cui presenza ha dato alla città la medaglia d’oro al valor civile. Per presentare il progetto “memorie” ma anche per ricordare la triste storia della Liberazione a Sparanise e nell’arco Caleno arriveranno al Foscolo di Sparanise, il prof. Giuseppe Angelone dell’Università della Campania “Vanvitelli”, il prof. Gianni Cerchia dell’Università del Molise, Luca Gianfrancesco, regista del film “Terra Bruciata”, Michele Colamonici, Segretario SPI CGIL Caserta, il sindaco di Sparanise Giovanni Martiello e Giorgio Borrelli segretario Lega SPI Cgil Capua. Il “Progetto Memoria “ dello SPI CGIL e dell’ associazione “Sentiero della libertà”, spiega il Preside Paolo Mesolella, ha come tema di studio “la linea Gustav e la Resistenza. Ragazzi e ragazze raccontano la storia”. La nostra scuola è l’unica coinvolta in Campania a fa parte della rete nazionale del “Progetto Memoria della Resistenza” insieme a scuole del Lazio, Abruzzo e Molise. E questo fatto ci dà anche la possibilità di far conoscere furo dal paese e dalla stessa regione, la triste storia del campo di Concentramento tedesco di Sparanise. I tedeschi, infatti, hanno rinchiuso migliaia di militari e civili, anche a Sparanise, a pochi metri dalla scuola. Un campo dove sono passati migliaia di deportati, provenienti dal Casertano , dal napoletano e dal salernitano, molti dei quali di passaggio prima di essere inviati ai campi di lavoro in Germania. E dove si poteva anche morire, uccisi dalle sentinelle tedesche in caso di fuga. Scotto di Vetta Pietro di Bacoli, per esempio, il 25 settembre 43 nel campo sparanisano vide uccidere sotto i suoi occhi tre compagni. Ciro Cirillo, già Presidente della Regione Campania, ne vide uccidere in quello stesso mese altri due. Il campo, nacque il 14 settembre 1943, su un deposito militare inglese costruito tre anni prima, ma sequestrato dai tedeschi all’indomani dell’armistizio con lo scopo di radunare uomini per fortificare Cassino ed inviare i più validi ai campi di lavoro. “Quando arrivai nel campo di concentramento di Sparanise, scrive il prof. Giovanni Spera, era il 23 ottobre 43 e c’erano già 5000 prigionieri. Reticolati e cavalli di frisia recintavano il perimetro del campo, sorvegliato da un nutrito numero di sentinelle che impedivano eventuali tentativi di fuga. Non c’erano cucine da campo, né una fontana per attingervi acqua. Non esistevano servizi igienici, per cui ognuno andava a soddisfare i propri bisogni fisiologici lungo il perimetro del campo. Il fetore era insopportabile, l’aria pestifera. Il senso del pudore era scomparso, essendo costretti a soddisfare i propri bisogni all’aria aperta ed alla vista di tutti. Uno spettacolo veramente degradante e vergognoso. Eravamo ridotti a livello delle bestie, con la biancheria intima sporca e maleodorante, la barba non rasa da giorni ed i pidocchi che infestavano ogni parte del corpo. Ricordo il povero Umberto Robustelli, merciaio, vestito di un leggerissimo pigiama estivo, con ai piedi un paio di pantofole di stoffa. In quelle condizioni era stato catturato. Ricordo poi la ressa che si scatenò intorno al camion che trasportava il pane, sufficiente soltanto per un decimo dei prigionieri: un maresciallo tedesco, sulla quarantina, armato di bastone, colpiva alla cieca, con violenza estrema, chi gli capitava a tiro, allo scopo di arginare quella marea umana. Ricordo anche una furibonda rissa, scoppiata al centro del campo, quando un prigioniero per essersi allontanato dal posto, ebbe l’amara sorpresa di non trovare, al ritorno, il suo pezzo di pane, perché qualcuno glielo aveva portato via. Successe il finimondo. Aggredì con selvaggia furia tutti i vicini. Ricordo poi le donne di Sparanise che sostavano lungo il viottolo adiacente al campo, distribuendo qualcosa da mangiare ai prigionieri che tendevano le mani oltre i reticolati. Ricordo una miriade di mani tese, ma riuscire ad afferrare qualcosa, era un’impresa disperata, a causa della calca che li schiacciava contro il filo spinato.