Esplora contenuti correlati

Anfiteatro di Bleso

L’anfiteatro di Bleso e la Rocca Pia costituiscono un complesso monumentale strettamente connesso, da visitare in un itinerario unico.

L’anfiteatro, costruito in epoca adrianea, infatti, fu in parte distrutto quando nel 1461 iniziarono i lavori per la costruzione della fortezza. Tornato alla luce nel 1948 durante la realizzazione di una delle arterie principali della città gli scavi archeologici che ne seguirono, hanno evidenziato un anfiteatro di forma ellissoidale, formato da due muri curvilinei: quello esterno costituiva la facciata, decorata da semicolonne, quello interno il podium, che per motivi di sicurezza separava la cavea dall’arena, così chiamata perché era ricoperta di sabbia per attutire le cadute. In essa si svolgevano infatti i combattimenti tra i gladiatori (munera) e quelli tra i gladiatori e le bestie feroci (venationes). Al di sotto del podio correva l’ambulacro di servizio (corridoio), coperto con una volta a botte, al quale si addossano muri radiali che sorreggevano le gradinate della cavea sulle quali potevano prendere posto fino a 6.000 spettatori.

L’anfiteatro era dotato di tre ingressi principali, due all’estremità dell’asse maggiore e uno alla terminazione ovest dell’asse minore, collegati da una via selciata di cui sono ancora visibili i resti, mentre una galleria di servizio correva sotto l’arena, forse per dare accesso alle gabbie (carceres) nelle quali erano rinchiuse le fiere da utilizzare nelle venationes. Tale galleria proseguiva all’esterno dell’anfiteatro, per cui è probabile che collegasse la struttura con un ambiente di servizio usato dai gladiatori come palestra (ludus) o spogliatoio (apodyterium).

Oggi è possibile vedere l’anfiteatro dai camminamenti della Rocca Pia, per la cui costruzione furono abbattuti tutti i muri dell’anfiteatro che superavano i 3 m di altezza, i quali avrebbero potuto permettere ai nemici di nascondersi tra le rovine.

Nell’anfiteatro sono stati ritrovati reperti di epoche medievale e moderna, oltreché frammenti di coppe e due matrici della classe ceramica delle fabbriche che operavano a Tivoli in età romana. Questi vanno ad aggiungersi alle due iscrizioni: la più antica, conservata nel Museo Nazionale Romano, risale all’epoca adrianea e contiene una dedica a M. Tullio Rufo, figlio di M. Tullio Bleso. Vi si legge che quest’ultimo aveva offerto 200.000 sesterzi e 200 giornate lavorative per l’inaugurazione dell’anfiteatro. L’altra iscrizione, conservata nell’Antiquarium del santuario di Ercole Vincitore a Tivoli, è datata al 24 luglio 184 d.C. e reca una dedica dei Tiburtes municipes a M. Lurio Lucreziano, patrono del municipio che al momento di assumere la quinquennalità aveva fatto svolgere a sue spese uno spettacolo con venti coppie di gladiatori e una venatio, una delle tante che dovettero aver luogo nell’anfiteatro.

La cessazione dei combattimenti gladatorii avvenne all’incirca dei primi decenni del V secolo d. C. mentre le venationes continuarono ad essere allestite fino all’inizio del VI secolo.