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Rocca Pia

Gradita ai buoni, malvista dai cattivi, nemica ai superbi, eccomi, son qui per te a Tivoli, poiché così Pio decise

Costruita in parte riutilizzando i materiali da costruzione del vicino anfiteatro di Bleso, la Rocca Pia, come si legge nell’iscrizione posta all’entrata, fu voluta dal papa Pio II Piccolomini che ne iniziò i lavori nel 1461.

Il luogo, a ridosso della cinta urbana medievale, fu scelto per motivi strategici, sia per controllare la città e i contrasti tra le famiglie degli Orsini e dei Colonna, sia per dominare tutte le vie di accesso a Tivoli.

Giorgio Vasari, unica fonte, attribuisce il progetto della Rocca al Filarete e ai suoi discepoli, anche se è probabile la collaborazione di altri architetti militari amici di Pio II.

Il complesso è costituito da quattro torri di diverse dimensioni, collegate da alti muraglioni e chiuse da merli guelfi; in vari punti si aprono le bocche da fuoco. Come si legge nei Commentarii scritti da Pio II, lo spessore dei muri delle torri maggiori raggiungeva i 20 piedi (circa 6 metri). Per la costruzione fu utilizzata mano d’opera tiburtina insieme a maestranze specializzate esterne.

L’ingresso al castello, sul lato Nord, era protetto da una profonda fossa difensiva e da un ponte levatoio.

È quasi certo che il completamento dell’opera avvenne con papa Alessandro VI ( 1492-1503), che edificò le due torri minori.

L’ultimo decennio del secolo XV rappresentò per la Rocca il periodo di massima efficienza; ma sotto Clemente VII il terribile “sacco di Roma” del 1527 si fece sentire pesantemente anche a Tivoli.

Il 3 settembre 1539 nella Rocca Pia ebbe luogo un avvenimento assai significativo: il papa Paolo III approvò verbalmente il progetto della Regola della Compagnia di Gesù, presentatogli da S. Ignazio di Loyola, che l’anno dopo ebbe la sanzione ufficiale. La presenza a Tivoli di S. Ignazio contribuì anche alla riconciliazione delle famiglie rivali di Tivoli.

Quando il cardinale Ippolito d’Este ricevette dal papa Giulio III (1550-1553) la nomina di Governatore di Tivoli, non esitò a occupare l’area verde intorno alla Rocca, dove si trovava l’Anfiteatro romano e a recintarla; si tratta del famoso Barchetto, utilizzato dal cardinale come riserva di caccia.

In seguito la Rocca sopravvisse quasi come una dipendenza della Villa; nel 1621 il cardinale Alessandro d’Este costruì lo “Stallone Estense” dove alloggiavano oltre cento cavalli.

Nel secolo XVIII l’area intorno al castello fu utilizzata dai tiburtini come pascolo, campo da gioco e parco pubblico. Le poche volte in cui la Rocca entrò in funzione, nel 1744 durante la guerra di successione austriaca o nel 1799, quando fu occupata dai francesi, lo fu solo come caserma e carcere.

Alla metà dell’Ottocento, e non in età napoleonica come comunemente si crede, fu aggiunto alla costruzione un corpo interno, addossato alla parete Nord, che comportò modifiche delle torri minori e ridusse notevolmente l’ampiezza del cortile.

Nel secolo XIX la Rocca alternò la funzione di caserma pontificia con quella di prigione, in grado di ospitare circa 100 detenuti, e tale funzione mantenne fino al 1960, restando così in vita fino ai giorni nostri, a testimonianza di oltre 500 anni di storia.

Da menzionare l’omaggio che Andrea Mantegna dedica alla città di Tivoli inserendo, oltre al Santuario d’Ercole Vincitore e alle Cave di Travertino, anche la Rocca Pia (in fase di costruzione) nello sfondo della parete ovest della “Camera degli Sposi” di Mantova, una delle opere più grandiose del Rinascimento Italiano. Non avendo visto la costruzione originale, l’artista la raffigura in un torrione quadrangolare.

 

INFO:
telefono: 0774 453235

email: polomusealetivoli@comune.tivoli.rm.it