Dal 1565 al 1861
Nel 1565, alla morte del conte Renato privo di eredi maschi legittimi, la signoria su Verrès e sui territori della contea passò al nobile trentino Giovanni Federico Madruzzo che ne aveva sposato la figlia Isabella. Verrès e gli altri feudi ritorneranno agli Challant del ramo Châtillon solo nel 1696. Nel frattempo, dopo un Cinquecento economicamente positivo, la situazione generale della Valle d’Aosta era andata deteriorandosi a causa del diminuire del traffico commerciale e della grande peste del 1629-1631. Il clima diventato rigido aveva fatto avanzare i ghiacciai sugli alti passi alpini, il traffico commerciale diretto a Torino preferiva il Moncenisio al Piccolo San Bernardo, le guerre del duca di Savoia Carlo Emanuele I avevano causato un inasprimento della fiscalità, ma, soprattutto, la peste aveva spopolato la regione.
A Verrès la crisi economica è tra l’altro evidenziata dall’impoverimento e dalla decadenza della Prevostura di Saint-Gilles e dall’abbandono in cui viene ormai lasciato il castello, da quando la guarnigione postavi dal duca di Savoia lo ha evacuato nel 1661. La ripresa si annuncia però già negli ultimi anni del Seicento, quando a Saint-Gilles si lavora alla costruzione della nuova ala nord del convento. Nel Settecento i miglioramenti apportati alla strada di fondovalle, i progressi nella coltivazione e nell’allevamento, ma soprattutto nello sfruttamento delle miniere e nella metallurgia mantengono per tutto il secolo una situazione economica relativamente discreta. Verrès ridiventa così un importante centro di passaggio del traffico commerciale e sperimenta una situazione di tipo preindustriale. Nella seconda metà del XVIII secolo viene rifatto il ponte in pietra sull’Evançon e nel territorio del Comune sorgono – ad opera di impresari come i Bich di Châtillon ed i bergamaschi Gervasone – fabbriche per la lavorazione del minerale di ferro con la tecnica del carbone di legna. Anche il convento di Saint-Gilles sfrutta la favorevole congiuntura economica per costruire, entro il 1779, la chiesa barocca attuale, rovinando purtroppo la cappella funeraria di Ibleto di Challant e, nel 1797, anche la sommità della torre di Carlo. Gli anni 70 ed 80 del Settecento segnano per Verrès, come per tutte le terre del Regno di Sardegna, l’abolizione del regime feudale ed il passaggio alla comunità locale di terreni, diritti e nuove competenze. Il periodo rivoluzionario e napoleonico – con la Valle d’Aosta occupata dai Francesi e le continue guerre che tengono lontani dal lavoro e dalla famiglia gli uomini validi – è caratterizzato da una generale situazione di crisi economica. La ripresa è dovuta alla diffusione della coltura del granoturco e della patata e ad un nuovo slancio della metallurgia. Quest’ultima provoca, tra Settecento ed Ottocento, un notevole afflusso a Verrès di lavoratori bergamaschi e piemontesi, con conseguente aumento della popolazione e modificazione del contesto socio-culturale con la diffusione del dialetto piemontese a scapito del patois valdostano. Negli anni 1825-27 viene costruito sull’Evançon l’attuale ponte di pietra. La seconda metà del’Ottocento – con la Valle d’Aosta separata dalla Savoia ed inglobata, nel 1860-61, nel neonato Regno d’Italia – segna anche per Verrès la crisi definitiva della vecchia metallurgia, ma insieme l’inizio dell’epoca delle comunicazioni moderne con l’inaugurazione, nel luglio del 1886, della ferrovia Ivrea-Aosta.