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Monumenti

Chiesa del Santissimo Rosario

Via Aragonese

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La chiesa di S. Tommaso Apostolo è storicamente documentata in un testamento del 1135 conservato nell’Archivio Capitolare di Gaeta. Rientra tra le quattro parrocchie più antiche di Gaeta (insieme a S. Giorgio, S. Pietro e S. Lucia). Il parroco di S. Tommaso indossava la mitria, occupava i posti maggiormente di rilievo durante le funzioni religiose e veniva spesso eletto tra i canonici della cattedrale.

La chiesa aveva una struttura ad una navata suddivisa in due campate coperte da volte gotiche; al nucleo originario furono aggiunti successivamente l’avancorpo (ingresso e sovrastante cantoria) e il presbiterio. È ipotizzabile che in origine la chiesa avesse uno spiazzo circostante, ma con la realizzazione di Via Aragonese (1850 ca.) l’intero fianco sinistro venne a trovarsi al di sotto del piano stradale e per evitare danni causati dalle infiltrazioni meteoriche si procedette alla realizzazione di una intercapedine su tutto il muro sinistro. Davanti alla facciata, decorata solo da una piccola scultura settecentesca raffigurante la Madonna col Bambino, si apre una piazzetta con selciato in pietra calcarea, posta al termine di una ripida scalinata. Sul fianco destro della cappella si erge un campanile a vela probabilmente realizzato nel XVIII secolo.

Nel 1725 le volte furono restaurate ad opera del vescovo Pignatelli. Nel 1809 fu soppressa la parrocchia e nella chiesa fu trasferita la sede della Confraternita del Rosario, proveniente dal convento di San Domenico. Con la Confraternita la chiesa acquisisce il nuovo nome di chiesa del SS. Rosario. Il trasferimento del pio sodalizio ha portato nel luogo di culto tutta una serie di arredi sacri provenienti proprio dalla cappella che la confraternita aveva all’interno del tempio di San Domenico: altare maggiore (1738), pala d’altare “Madonna del Rosario con S. Domenico e S. Caterina da Siena”, dono di Sebastiano Conca (1737-1738), la balaustra con gli stemmi della Confraternita sui pilastrini (1726). Sono databili al 1850 ca. gli altari laterali, alcune statue e parte del corredo della settecentesca Statua della Madonna del Rosario.

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Chiesa di San Domenico

Via Aragonese

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L’attuale tempio di San Domenico e il monastero annesso risalgono alla metà del Quattrocento, quando venne distrutta la chiesa originaria per favorire la costruzione del castello aragonese. I Domenicani, però, erano presenti a Gaeta dal 1229: la prima chiesa e convento dedicati a S. Domenico di Guzmán (1170 ca. – 1221), fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori, furono costruiti nel corso del XIII secolo nell’area già occupata dal castello svevo, distrutto dalle truppe pontificie. Il complesso, costruito a ridosso della falesia sul mare, obliterò il monastero di S. Maria delle monache benedettine. Nel convento fu avviato alla vita religiosa Tommaso De Vio (1484), poi cardinale e vescovo di Gaeta (1519-1534), nonché legato papale presso Lutero (1518).

Durante l’occupazione austriaca (1707) il complesso subì gravi danni. Sotto i Francesi (1809) venne soppresso il convento per trasformarlo in caserma, mentre la chiesa divenne deposito di viveri per i militari. Nel 1813 alcune opere d’arte furono rimosse dalla chiesa: l’organo e la statua del santo furono trasferite nella chiesa di S. Croce di Spigno Saturnia (distrutta durante la battaglia di Cassino, 1944). Anche il successivo Regno borbonico continuò ad utilizzare il complesso per scopi militari (1817). La chiesa fu restaurata alla fine degli anni Venti del Novecento e fu temporaneamente dotata di opere d’arte provenienti dal Museo di Capodimonte. Fino alla fine degli anni Sessanta del Novecento fu officiata parrocchia.

L’imponente struttura è composta da due navate diseguali su disegno tardo gotico di architetti catalani trapiantati nel regno di Napoli dopo la conquista da parte di Alfonso V d’Aragona (1442). La facciata, ampia e spoglia, è caratterizzata dal portale monumentale del XIV secolo. Alla destra del portale vi è un’altra apertura: l’originale passaggio tra chiesa e convento. La chiesa è tuttora consacrata, mentre il convento è in totale abbandono. La chiesa e il convento si affacciano su una piazzetta a lato della strada, che fino al 1853, anno dell’ampliamento di via Aragonese, era poco più di un vicolo; sulla destra si erge il campanile con eleganti bifore e portale catalano decorato da stelle a otto punte, residuo del precedente convento del XIII secolo.

Oggi si può ammirare l’imponente struttura gotica con le altissime campate e le eleganti arcate quattrocentesche. Al centro dell’abside si erge l’altare maggiore, un semplice blocco di pietra realizzato nel 1928. Nel convento dal 1622 aveva sede la Confraternita del SS. Rosario, che possedeva una ricchissima cappella nella chiesa. Nel 1809 la soppressione del convento ad opera del governo decennale francese, fece si che la Confraternita si trasferisse nella vicina chiesa di S. Tommaso. Sotto il presbiterio della chiesa e sotto la sacrestia sono presenti alcuni ambienti a mo di cripta utilizzata dal 1747 quali “Terra Santa”.

Terra Santa di San Domenico

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La Confraternita del SS. Rosario, eretta canonicamente il 4 settembre 1607, aveva tra i propri compiti il pietoso rito di dare sepoltura ai propri adepti. Per avere maggiore disponibilità di spazi, nel 1747 venne costruita sotto il complesso monastico di San Domenico una cappella ad uso Terra Santa al fine di seppellire parte dei propri confratelli.

L’attuale scala di accesso è il risultato di una serie di vicissitudini conclusesi nel 1853, ma in ogni caso la cappella è stata utilizzata per le sepolture dalla fondazione fino al 1808????, salvo eccezioni.

La pianta del piccolo cimitero è organizzata su tre navate con tre campate, quindi l’intera copertura si regge su quattro pilastri che scandiscono l’intero luogo ambiente e l’altare è posto ortogonalmente rispetto all’ingresso. Oggi su ogni mensola è posto un cranio con 2 femori. Nella navata di destra sono presenti due riquadri di terra dove inumare i defunti, mentre al centro del pavimento è la botola ossaria. Le pareti presentano una serie di mensole in pietra che dovevano sorreggere piani in legno. Tra gli oltre settanta teschi esposti, ne figurano alcuni con una lamina metallica a forma di croce applicata sulla parte frontale, probabilmente il segno distintivo degli ecclesiastici. Sulla parete di fondo vi è una teca che conteneva un corpicino imbalsamato oggi scomparso: sulla teca un’epigrafe del 1861 da tutti i riferimenti confermati anche dai dati d’archivio. Nella teca sono rimasti una serie di oggetti: un cuscino imbottito di foglie, una cuffia con il bordo ricamato, una ghirlanda di fiori finti per i capelli, vari elementi dell’abitino e le calze.

I resti mortali esposti nella Terrasanta sono uno spunto di riflessione sulla caducità della vita, sulle vanità terrene e sull’inutilità dell’attaccamento degli uomini alle fattezze esteriori: “Memento mori”.

Chiesa di San Giovanni a mare

Via Bausan

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L’edificio è tra le costruzioni più antiche di Gaeta in quanto la decorazione del torrino si data tra la fine del XI e l’inizio del sec. XII. La chiesa venne edificata utilizzando materiali di spoglio, sia di età romana che alto-medievale. Il luogo di culto a croce latina, è suddiviso in tre navate con eleganti volte gotiche sorrette da otto colonne di riuso, così come i capitelli, alcuni dei quali alto-medievali, forse residuo di una precedente chiesa, altri in stile corinzio di età romana; uno splendido arco acuto è nell’abside mentre le navate laterali hanno le volte a crociera. Al centro delle volte si eleva la cupola circolare, poggiante su quattro archi acuti generando all’esterno il torrino.

L’intero edificio mostra un pavimento inclinato verso l’ingresso, espediente di accentuazione prospettica comune a molte chiese medievali che ha lasciato fantasticare sul possibile ingresso della marea nella chiesa. Con i restauri del 1928 sono state rimosse tutte le decorazioni barocche riportando in alla luce affreschi trecenteschi, attribuiti alla scuola del Cavallini, oggi in parte staccati trasferiti al Museo Diocesano. Il paliotto dell’altare è stato realizzato con una lastra di sarcofago romano in parte riscolpito nel quattrocento per sacralizzarlo con una croce. Saltuariamente officiata fino al 1998, è attualmente chiusa in attesa di restauri statici.

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Cripta del Duomo

Piazza Papa Gelasio

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Il Duomo di Gaeta, dedicato a S. Maria Assunta in cielo fu costruito nei secoli X-XI probabilmente dove sorgeva una chiesa risalente forse al VII secolo (S. Maria del Parco). Tra la fine dell’VIII secolo e l’inizio di quello successivo, il vescovo di Formia si rifugiò nella fortezza di Gaeta e in quel momento fece nascondere in un pilastro della chiesa i resti di S. Erasmo, vescovo di Antiochia, morto a Formia il 2 giugno 303. Dopo oltre un secolo, il ritrovamento delle reliquie dette il via ai lavori per la costruzione di un’imponente cattedrale. Papa Pasquale II nel 1106 consacrò la nuova cattedrale a 5 o a 7 navate.

Nel 1148 un privato donò un terreno alla cattedrale per la costruzione della torre campanaria. Il monumentale campanile venne realizzato su disegno di Nicolò d’Angelo, marmorario romano della famiglia dei Vassalletto. Alto 57 metri, in stile arabo-normanno, ha il basamento composto da innumerevoli blocchi provenienti da monumenti romani e medievali (particolarmente dal mausoleo di Lucio Sempronio Atratino), gli altri livelli sono stati realizzati in laterizio con ricorsi di materiale lapideo, il torrino è decorato da innumerevoli scodelle arabo moresche. La scalea sottostante la torre campanaria da accesso alla chiesa: lungo la scala sono ben visibili due bassorilievi rappresentanti Giona che viene ingoiato e risputato dal pistrice, elementi facenti parte dell’antico pulpito del duomo. Sotto le sculture si trovano due sarcofagi romani strigilati (vasche della prima metà del III sec.).

Dal campanile si accede anche nella seicentesca cripta o succorpo. Nel 1594, dopo la ricognizione canonica delle reliquie dei santi conservate in cattedrale si procede alla realizzazione della cripta destinata a contenere, sotto l’altare, le reliquie dei martiri: S. Erasmo, S. Marciano (primo vescovo di Siracusa), S. Casto (primo vescovo di Sessa Aurunca), S. Secondino (vescovo di Sinuessa), S. Probo (vescovo di Formia nel 303), S. Innocenzo (vescovo) e S. Eupuria (martire). Il succorpo realizzato ad una navata su disegno degli architetti napoletani Lazzari, mostra le pareti rivestite di marmi policromi e le volte decorate con stucchi e affreschi di Giacinto Brandi (1662-64) rappresentanti, al centro, Dio Padre con cherubini e la Gloria di S. Erasmo (entrambi perduti a causa di una bomba aerea che colpì la cattedrale la notte tra l’8 e il 9 settembre 1943), sempre al centro la gloria degli altri santi, mentre ai lati il pittore ha voluto inserire una serie di figure allegoriche.

Di altissimo valore artistico è il paliotto dell’altare e la balaustra dove i marmorari dell’epoca utilizzarono un’enorme varietà di marmi policromi e pietre preziose per rappresentare vasi di fiori, uccelli e decori vari. Sempre di Brandi è la pala d’altare con il Martirio del vescovo antiocheno (1664). Chiude la cripta un straordinario cancello in bronzo (1692) con le effigi della città. Attualmente la sovrastante cattedrale è chiusa al culto per lavori di consolidamento statico.

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San Francesco

Chiesa e Congrega di Porto Salvo

Via Indipendenza

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Il luogo di culto è tra le più significative testimonianze di fede verso la Madonna protettrice del mare e di tutti coloro che vi lavorano. La chiesa, fondata nel 1624, rimase sempre esposta alla frequentazione degli assedianti la città nelle mura, subendo gravi danni. Dopo l’ultima guerra mondiale vi fu trasferita la Parrocchia dei Santi Cosma e Damiano a causa delle devastazioni belliche dell’omonimo edificio. Alla chiesa di Porto Salvo si accede da via Indipendenza attraverso una monumentale scalinata.

L’interno è interamente decorato con stucchi barocchi. Nella seconda cappella destra sono esposte le statue dei Santi Medici protettori del Borgo. Significativo l’altare maggiore sovrastato da una nicchia marmorea per la Madonna di Porto Salvo. Dal presbiterio si accede alla Cappella dei pescatori, oratorio dove troneggiava il dipinto della Madonna di Porto Salvo e altre opere pittoriche relative alla vita della Madonna.

San Cosma Vecchio

San Cosma Vecchio

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L’antica chiesa dedicata ai Santi Cosma e Damiano sorge nel cuore del Borgo nella zona denominata “Castelli”. La prima citazione documentata risale all’anno 997: in tale atto, raccolto nel Codex Diplomaticus Cajetanus, si fa riferimento alle devastazioni della chiesa ad opera dei Saraceni, quindi probabilmente, prima del 915. Nel corso dei secoli la struttura è stata più volte danneggiata a causa di avvenimenti bellici.

Oggi l’edificio, di chiara matrice gotica, risulta in parte demolito, rispetto alla struttura originaria a causa dei danni subiti durante l’ultima guerra mondiale. Il portale è del 1749, mentre il campanile sulla facciata si data a qualche decennio dopo. L’abitato di Gaeta all’inizio dell’età moderna risultava diviso in due entità: la fortezza (attuale quartiere S. Erasmo) e il Borgo, quale antemurale della città vera e propria. Ecco che il 6 luglio 1591 il Vescovo di Gaeta, Alfonso Laso Sedegno, obbligava i parroci delle chiese fuori le mura a battezzare nel fonte installato da pochi mesi nella parrocchia di San Cosma e vietava agli stessi sacerdoti di recarsi a battezzare nel duomo dove era situato il fonte battesimale della città. Il fonte del Borgo è ancora presente nella chiesa entrando a destra