Quartiere Maddalena
E’ uno dei quartieri più antichi del Centro Storico e deriva il proprio nome da una distrutta cappella consacrata a S.M. Maddalena.
Nel nostro lavoro di ricognizione nel quartiere abbiamo ritrovato delle mura risalenti al periodo romano che segnavano il confine con il restante “agro acerrano”.
L’omogenea condizione socio-economica degli abitanti del quartiere, come del resto di gran parte della città, si riflette nell’uniformità della tipologia degli edifici, costruiti, per lo più, con materiali grezzi e poveri e con tecniche semplici, quali ad esempio la tecnica “a sacco” che consisteva nell’utilizzo di pietre cosiddette del “Pantano”, facilmente ritrovabili in tutto ” l’ager acerranus”.
In questo contesto caratterizzato da sostanziale omogeneità costruttiva si distingue, in via Conte di Acerra, un’abitazione evidentemente appartenente a cittadini più facoltosi, costruita con una tecnica non solo più elaborata, ciò si può notare già dall’intaglio della pietra di tufo con il quale è fatto il plinto, ma anche con materiali più pregiati quali il tufo giallo, fatto arrivare da S. Maria a Vico e Maddaloni, e il piperno.
Nella pianta abitativa del quartiere riscontriamo nel modello a “corte” quello più comune, dove per corte si intende un ampio cortile, intorno al quale sorgevano le abitazioni. A questo si accedeva spesso mediante uno o più portoni, perché sulla corte si affacciavano vari nuclei familiari. E’ nel cortile che si svolgevano le riunioni delle piccole comunità e spesso si intrattenevano gli ospiti.
I portoni erano caratterizzati da un ampio arco a tutto sesto, molto alto per agevolare il trasporto delle canne di canapa, la cui coltivazione, un tempo, era molto diffusa ad Acerra.
Di contro all’interno della corte si avevano soprattutto archi a sesto ribassato, più consoni a sopportare il peso del ballatoio sovrastante, anche grazie a dei gattoni a due o più mensole, come riscontrato in alcune abitazioni in via Cavour.
Di fronte al portone si trovavano i “comodi” comuni quali il pozzo, il forno, il lavatoio e il bagno.
Al piano terra si trovavano cucine, stalle e fienili. Ai lati del portone si trovavano le scale che davano accesso al piano superiore senza però turbare l’armonia architettonica della facciata principale; queste più spesso, sono esterne ed indipendenti per ogni lato della corte. Esse sono rivestite in marmo ma più spesso in piperno come la pavimentazione della chiostrina interna.
Al piano superiore si trovava un ballatoio di disimpegno, con parapetto sormontato da volte a botte che conferiscono maggiore solidità alla struttura.
Il primo piano, servito dal ballatoio perimetrale, ospitava la zona notte di ogni abitazione, che spesso era collegata dall’interno con il piano terra a mezzo di uno scalandrone in legno.
Al secondo livello in genere era realizzato il suppenno utilizzato come deposito di paglia o di prodotti agricoli in essiccazione.
Solo raramente, come si riscontra nei fabbricati di via Cavour, esisteva un secondo piano a ballatoio con altre case del tutto simili a quelle sottostanti e che nel complesso configuravano la tipologia della casa d’affitto.
In questo caso la scala di servizio è coperta con sviluppo lineare e ballatoi a loggia del tipo “napoletano” ma di modesto respiro architettonico.
Visto il ruolo della corte nella vita quotidiana, della società, spesso i palazzi avevano poche aperture sulle strade pubbliche, ma presentavano gli ambienti completamenti aperti verso l’interno.
Ne deriva una maggiore povertà e semplicità dell’esterno in contrappunto alla ricchezza architettonica con forti effetti chiaroscurali pur nell’assoluta mancanza di decorazione.
L’unico punto di arricchimento figurativo lo si riscontra nel disegno dei portali di accesso alla corte, dei mensoloni e dei gattoni di sostegno ai balconi del piano nobile.
Ai lati della strada si trovavano i paracarri che avevano la funzione di proteggere l’intonaco della casa da eventuali urti dei carri.