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Chiesa di San Pietro

Storia

La chiesa di S. Pietro è una delle più antiche di Acerra. Tale costruzione si trovava all’estremità delle mura del paese, corrispondente all’attuale Centro Storico, il quale presentava quattro porte d’accesso. Una di queste, abbattuta tra il 1830 e il 1843, prendeva appunto il nome di porta S. Pietro ed era collocata probabilmente all’incrocio dell’attuale via Solferino con via del Pennino.

Il Caporale ipotizza che in questo luogo, già in epoca romana, fosse ubicato un edificio sacro, e più precisamente un tempio dedicato ad Ercole.

Non deve meravigliare la diffusione di detto culto in Acerra poiché la venerazione di Ercole, propria delle popolazioni italiche che a più ondate si stabilirono in queste zone ricche d’acqua, è la chiave d’interpretazione di molti culti naturali indigeni connessi alle acque guaritrici.

L’ipotesi del Caporale si fonda sul ritrovamento nelle zone contigue alla chiesetta di S. Pietro di alcuni marmi sparsi, di ruderi di un tempio antichissimo e di una statuetta in bronzo di Ercole, nonché di un ‘epigrafe “templum hoc sacratum Herculi” rinvenuta dallo storico locale durante i lavori di ristrutturazione del Seminario. E’ dunque probabile che, quando si diffuse il culto cristiano tra gli acerrani, essi abbiano edificato la chiesa sui resti dell’antico tempio, così come divenne consueto in seguito all’editto di Costantino.

La mancanza di dati certi, tuttavia getta ombra sull’effettiva collocazione di detto tempio essendo ubicato dal Caporale ora nei pressi della Chiesa di S. Pietro, ora nei pressi della Cattedrale. La Chiesa è citata per la prima volta in un documento del 1577 redatto da Monsignor Salernitano, che delimitò i confini delle parrocchie acerrane.

Era tradizione che proprio qui i vescovi prendessero il materiale possesso della Diocesi, e che il 29 giugno, durante il giorno di festa, dedicato a S. Pietro, il Capitolo della cattedrale, offrisse la S. Messa (privilegio quest’ultimo non concesso a nessun altra delle chiese acerrane).

Un’altra tradizione sempre legata alla chiesa di S. Pietro è testimoniata da Monsignor De Angelis il quale nel 1676, riportò che qui venivano sepolti coloro che morivano “ab intestato” (senza testamento, indegni di fede).

Sappiamo da uno scritto del canonico Sarnataro che un cospicuo numero di persone, morte per l’epidemia diffusasi nel 1764, doveva essere seppellito sotto la Chiesa di S. Pietro in modo da ridurre le sepolture nella Cattedrale perché portatrici di cattivi odori. Non esistono allo stato attuale altre notizie riguardanti la struttura e l’aspetto della Chiesetta se non quelle riportate da G. Caporale nella seconda metà dell’800.

Questi, tra l’altro, descrive interessanti tele di cui non si ha più traccia : una raffigurante la Vergine del Carmine della scuola del Vaccaro, ed un’altra, di buona fattura, che rappresenta S. Pietro, attribuita ad un certo cavalier Calabrese.

Nel 1919, poi, su commissione del canonico De Lucia Pasquale e con l’obolo generoso dei fedeli furono apportate modifiche all’arredo della chiesa, come è riportato dall’epigrafe sulla parete a sinistra.

Lo stato attuale della chiesa non corrisponde a quello originario a causa di modifiche e restauri: il nucleo primitivo, costituito da un solo vano rettangolare, si completò negli anni ’50, in seguito all’acquisto di terreni, con l’attuale parte absidale.

Negli anni ’80, in seguito ai danni provocati dal terremoto, i lavori di restauro e di consolidamento hanno conferito alla Chiesa l’aspetto che tuttora possiamo osservare.

Descrizione

La facciata a capanna nell’impostazione riflette la semplicità degli interni; è contraddistinta da tre rosoni e da due colonne a motivo floreale reggenti un timpano all’interno del quale, vi è in una lunetta, un affresco raffigurante il Santo Titolare.
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Altre due colonne a motivo floreale, all’interno, dividono l’ingresso in tre campate. Nella campata a sinistra troviamo una fonte battesimale degli inizi del secolo, in quella a destra un’acquasantiera in marmo del XVIII secolo.

L’edificio, ad una sola navata, con nicchie che si alternano a finestre secondo un ritmo (finestra – nicchia – finestra) definito dalle lesene in finto marmo, presenta una pianta scandita da rapporti proporzionali.

Procedendo, sugli altarini laterali, sono da osservarsi nicchie con inquadrature a motivi geometrici.

All’interno delle stesse sono: a destra un altorilievo in terracotta raffigurante la morte di San Giuseppe, e a sinistra un gruppo di terracotta policroma raffigurante la Vergine del Rosario adorata da due santi.

Entrambe le opere furono commissionate agli inizi del secolo dal can. De Lucia, così come la statua di S. Pietro in legno policromo posta sull’altare maggiore.

Volgendo lo sguardo in alto, al centro del soffitto a cassettoni si osserva una mirabile tela raffigurante la Visitazione : al centro è raffigurata la Vergine Annunciata che fa visita a S. Elisabetta, in basso S. Giuseppe e Zaccaria, marito di Elisabetta.

Tale tela a forma ovale, di autore ignoto, si fa risalire al XVII secolo da parte del Caporale che riporta il giudizio : “Nobili e scelte sono le fisionomie, forse troppo studiati i partiti dei panni per le soverchie angolosità”.

Lo storico, poi, aggiunge che il colorito, il componimento, il disegno fanno pensare alla scuola di Fabrizio Santafede (1560-1628) le cui opere possono ammirarsi nelle maggiori chiese di Napoli: Duomo, S. Maria la Nova, S. Anna dei Lombardi, dei Girolamini, S. Bonaventura.